domenica,8 Settembre 2024

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L’ARTE DELLA CARTAPESTA. RAFFAELE GIUSTO: «NON SOLO CARRI ALLEGORICI, MA OCCUPAZIONE PER I GIOVANI»

Duttile, leggera, resistente, poco costosa. È la materia prima dei carri di Carnevale, plasmata con sorprendente estro e infinita pazienza da maestri artigiani e giovani volenterosi. Regina dei famosi laboratori artigiani di Viareggio e Putignano, la cartapesta abbonda anche nelle più piccole strutture dell’intero Stivale, come quelle della provincia di Avellino, dove i più bravi carristi cercano ogni anno di superare se stessi, più che gli altri. Come il maestro cartapestaio Raffaele Giusto, originario di Fontanarosa ma trapiantato a Paternopoli, dove ha realizzato una quarantina di carri allegorici. È il punto di riferimento di chi porta avanti, da decenni, la tradizione delle maestose e teatrali macchine viaggianti paternesi. «Per i carri si è spesso utilizzato una tecnica mista, utilizzando il vetroresina per le facce e la cartapesta per le impalcature in metallo» spiega Raffaele sottolineando che, in realtà, per realizzare un carro fatto bene, bisognerebbe partire almeno sei mesi prima perché «il procedimento della cartapesta è molto semplice ma servono tempo e strutture adeguate». Appunto, tempo e strutture che mancano nel contesto locale, come presupposti per un rilancio turistico ed economico di questa tradizione. «Per avere tradizioni forti bisogna rafforzarle e per farlo è necessario avere luogo preposti» precisa, puntando il dito sulla mancanza di veri laboratori, attivi tutto l’anno, in cui «poter lavorare come a Viareggio e Putignano». Così, in mancanza di officine dell’arte costruite a dovere, deputate a realizzare i variopinti carri allegorici, il noto carrista si è visto costretto a rifiutare le richieste di visitare i cantieri, arrivate da diverse realtà scolastiche di Avellino. «Il Carnevale potrebbe essere una leva per l’artigianato locale e un’occupazione per i giovani. L’evento potrebbe cioè creare nuove professionalità e non rimanere solo un passatempo» suggerisce. Accanto ai maestri cartapestai tante altre professionalità entrano infatti in gioco nella realizzazione dei carri, spesso a dir poco sorprendenti dal punto di vista dell’impianto scenografico e ingegneristico. In campo disegnatori, ingegneri, carpentieri, saldatori, elettricisti, falegnami. «Un carnevale serio diventa la vetrina per le professioni e l’artigianato che ruota intorno» afferma il maestro Giusto, che è anche scultore, artigiano del legno e restauratore di arredi religiosi, nonché discendente dei maestri artigiani della corte napoletana, i fratelli Martino che idearono il primo carro di paglia di Fontanarosa e quello di Mirabella Eclano.
La cartapesta non è solo il materiale ideale per ergere ingegnosi e movimentati carri di Carnevale. È lo stesso scultore a sottolineare l’utilizzo del malleabile materiale in diversi ambiti. C’è richiesta di statue, scenografie, elementi di architettura, di design e di opere artistiche in generale.
Le suggestive forme devozionali di cartapesta nel suo laboratorio di Fontanarosa riportano alla memoria le statue sacre dell’Ottocento, realizzate in cartapesta perché più leggere, meno costose e più resistenti del legno. Così, nella sua bottega d’artigianato artistico, le figure di cartapesta che sembrano di marmo, insieme ad altri oggetti d’arte e d’arredo, diventano lo spunto per parlare non solo di questa splendida arte in sé ma anche delle potenzialità di un mestiere che stenta a decollare, almeno in provincia. Eppure le applicazioni sono tantissime e vanno oltre il Carnevale, che potrebbe essere da solo fonte di economia e di sviluppo, sul modello dei più noti, come quello di Viareggio. Questa tecnica, dopotutto, è apprezzatissima dai più giovani. Lo sa bene il maestro Giusto che ha tenuto negli anni passati diversi laboratori nelle scuole e nelle ludoteche. I ragazzi hanno imparato il procedimento che porta alla realizzazione di un’opera di cartapesta a regola d’arte. La carta è duttile ma non mantiene bene la forma, quindi è necessario fare un positivo in argilla su cui poi creare un negativo di gesso rivestito, a sua volta, all’interno, di iuta e di un’ossatura metallica. È dentro questo negativo che si lavora la cartapesta che niente altro è che carta di quotidiani, o morbido cartone, imbevuti di una colla di farina. Dopo averle staccate dalla forma, si assemblano le varie, eventuali parti, come quella di un viso (avanti e dietro) e il gioco è fatto. Saranno i colori poi, applicati su un fondo bianco precedentemente steso per evitare effetti grigiastri, a rendere ancora più belle ed espressive le forme.

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