Autunno, tempo di ripresa e di richiami. È la stagione, propizia, del nuovo inizio, delle promesse, del cambio. Per ogni attività è ormai più di un capodanno. E così per i vari segmenti socio-produttivi e artistici. È un ciclo fecondo dopo la lunga pausa estiva.
Si rimette in moto anche lo spirito assopito e viziato dall’ozio dell’estate.
L’autunno non risponde quasi più all’idea di un tramonto, di una chiusura, della penombra. Tutt’altro.
Da un po’ è equipollente alla primavera, una primavera sfasata nell’anno, ma celebrata, e non è affatto un’iperbole, per le sue ricadute positive e gli effetti benefici che apporta a vari livelli.
L’autunno è considerato alla stregua di un fratello gemello della primavera con l’accezione però delle tinte e dei sapori forti come quelli della terra che in questa stagione dà il meglio di sé, donando prodigi naturali e delizie senza eguali. Non a caso l’autunno coincide col tempo delle sagre, delle fiere delle tipicità locali, dell’esaltazione delle bontà autoctone. L’Irpinia su questo fronte non è seconda a nessuno, non per menar vanto.
Dai vini eccellenti ai porcini prelibati, dal tartufo al Carmasciano, alle nocciole e castagne.
Tutti frutti di una stagione assai florida da queste parti, foriera di attese e speranze e raccolti generosi a dispetto di un’annata anomala. Il gusto è richiamo, attrazione, esplorazione.
Nell’esplosione dei sapori autunnali l’Irpinia si riscopre terra dei miracoli, degli otia, del buon vivere. Magari fosse così tutto l’anno. Se d’estate si spopola d’autunno si ripopola, e si mescolano i suoni dialettali e le genti. L’autunno sarà pure uno stato d’animo, sicuramente è una stagione gaia per i borghi irpini a dispetto degli stereotipi e delle atmosfere crepuscolari che a forza gli vogliono attribuire.