Ah perduta spensieratezza!! Verrebbe da esclamare oggigiorno. Andando con la memoria ai bei giorni d’infanzia il ricordo emozionale che più resta impresso, quello che scava un solco profondo nell’anima, è, senza dubbio, la spensieratezza di un tempo scandito da altri ritmi e tensioni.
E soprattutto nevrosi, quelle che, purtroppo, ottenebrano spesso la mente e la quotidianità appesantendo ogni gesto. Non vi è vita più bella dell’uomo senza pensieri; la spensieratezza è un male davvero indolore. Ma è pure quel vento che spira lieve tra le pagine del cuore.
Come ci ricorda il sommo poeta cileno, Pablo Neruda: “L’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che ha dentro di sé”.
Ecco che riaffiora la lieta stagione infantile vissuta senza pensieri, senza problemi, senza apprensioni. L’età dell’oro, anelito di un mondo perduto.
Quanti vorrebbero tornare indietro a certi attimi di vita per affrontarli con uno spirito più leggero e scanzonato.
“Erano allora i tempi della gioventù – sosteneva Felice De Martino –. L’ingenua spensieratezza prevaleva, le scelte di vita erano lontane e tutte da prendere ancora”.
La spensieratezza come antica capacità, il mito della giocosità soffocata in buona misura dal culto dell’efficienza.
L’uomo moderno pensa che tutto dev’essere fatto in vista di qualcos’altro, non come fine a se stesso. Lynda Lemay sostiene che si guarda al mondo come da una finestra. Da un lato del vetro ci sono persone felici, senza pensieri. Dall’altro invece ci siamo noi. Vestirsi di spensieratezza, almeno ogni tanto, non guasta.
In fondo, senza pensieri è un posto bellissimo. Saper pensare, ed essere nel contempo spensierati resta comunque un’arte difficile, ma non certo impossibile.
Alfred De Musset, infine, asseriva lapidario che: “mi manca il riposo, la dolce spensieratezza che fa della vita uno specchio dove tutti gli oggetti si dipingono un istante e sul quale tutto scivola”.