Le prime luci dell’alba fanno capolino lungo l’orizzonte, accarezzando e illuminando i profili dei Monti Picentini con una pennellata rosso fuoco mentre l’esteso luccichio delle luci artificiali disegna i confini del vivere urbano ai piedi della dimora di Mamma Schiavona.
È una delle tante scene mozzafiato offerte dalle webcam dell’Osservatorio meteorologico di Montevergine sulle pagine social Facebook e Instagram, condivise con migliaia di follower. Uno scatto che, come tutti gli altri, è scienza e poesia, è servizio alla meteorologia e promozione territoriale insieme.
Sono passati esattamente 140 anni. Fondato nel 1884 dall’Abate Guglielmo De Cesare e dalla comunità benedettina, con il consenso e il grande favore delle autorità governative dell’epoca, l’Osservatorio è collocato in locali annessi al Santuario di Montevergine ed è il più antico osservatorio meteorologico collocato in alta quota sull’Appennino meridionale.
L’illustre studioso Padre Francesco Maria Denza, sacerdote barnabita, pionere della Meteorologia in Italia e primo presidente della Società Meteorologica Italiana, volle visitare l’Osservatorio e il Santuario, portando con sé i principali strumenti di osservazione tra cui grandi barometri, dei termografi, l’evaporimetro, dei termometri, lo psicrometro e il pluviometro. Da allora, l’Osservatorio, che fin dal principio fu inglobato nella rete governativa fregiandosi di un vero e proprio carattere istituzionale, è stato da sempre un punto di riferimento per i ricercatori, nonostante la scarsità di mezzi finanziari e di personale che ha caratterizzato le alterne vicende intorno al centro, tra servizi più ridotti e picchi di eccellenza come quando, tra il 1938 e il 1952, fu installato un Osservatorio di Alta Montagna al servizio della Rete aeronautica. Anni d’oro in cui la stazione ebbe una risonanza significativa a livello nazionale. Nel 1968, dopo tre anni di fermo e di abbandono, la stazione meteo del Partenio iniziò a vivere una nuova stagione sotto la direzione di Padre Amato Gubitosa che, nel 2007, cedette l’incarico a Padre Benedetto Komar.
La stazione fu riammodernata tramite l’introduzione di nuovi sensori e ancora oggi raccoglie, con passo temporale di 10 minuti, diversi parametri atmosferici: temperatura, umidità relativa, pioggia, pressione atmosferica, radiazione solare, velocità e direzione del vento. Il 2007 è anche l’anno della fine delle sovvenzioni istituzionali. Da allora l’Osservatorio è gestito dalla Comunità dei Padri benedettini, con a capo l’Abate Padre Riccardo Luca Guariglia, coadiuvati dall’organizzazione no-profit “MVOBSV – Mount Vergine Observatory” guidata dal presidente Vincenzo Capozzi, meteorologo e ricercatore presso l’Università Parthenope di Napoli, noto al grande pubblico per le rubriche su Il Mattino e su Rai3.
L’associazione nata a salvaguardia della stazione del Partenio insieme ad altri due soci fondatori, Mario Toti – meteorologo presso la stazione di Capri dell’Aeronautica militare – e Antonio Marano, grande appassionato di meteorologia, sta andando avanti in autonomia: «Paradossalmente – sostiene il meteorologo – la stazione non è più annessa a una rete ufficiale di monitoraggio per cui le attività proseguono con sforzi puramente personali legati alla comunità benedettina, a poche altre persone appassionate come me e grazie al supporto scientifico e tecnico dell’Università Parthenope di Napoli che si è mostrata molto sensibile a questa realtà storica contribuendo al suo mantenimento anche attraverso la dotazione di nuovi sensori estremamente sofisticati e che danno informazioni molto importanti per le attività di ricerca». Stiamo parlando di un sensore disdrometrico laser che è in grado di misurare la velocità di caduta e il diametro delle gocce di pioggia o dei fiocchi di neve.
Proprio grazie alla sinergia con l’Ateneo partenopeo, l’archivio storico di dati meteorologici è stato completamente digitalizzato ed è oggetto, già da alcuni anni, di intense attività di ricerca focalizzate sulla ricostruzione della variabilità climatica pregressa. «L’unico finanziamento a cui in maniera indiretta si è riusciti ad accedere – ha spiegato il ricercatore – è il finanziamento all’Ente parco del Partenio attraverso la Regione Campania, circa due anni fa, con cui si ebbe la possibilità di acquistare nuovi sensori per il rilevamento delle precipitazioni nevose. Sensori installati presso Osservatorio di Montevergine e presso l’Oasi di Pannarano». «La situazione di Montevergine riflette lo stato attuale a livello nazionale – precisa Capozzi -; purtroppo le realtà storiche sono dimenticate nel tempo. Non si tiene conto che, se vogliamo quantificare in maniera affidabile quanto stiamo vivendo in questa epoca così particolare dal punto di vista climatico e ambientale, è chiaro che abbiamo bisogno di una serie di dati consistenti e che solo gli osservatori storici possono fornire».
Localizzato in una posizione geografica di estremo interesse, essendo influenzato in maniera diretta sia dal flusso umido e mite proveniente dal mar Tirreno sia da quello più freddo di origine balcanica, l’Osservatorio ha visto negli ultimi anni intensificare le sue attività e i suoi punti di osservazione. Una nuova stazione è stata installata lungo i crinali del massiccio montuoso in prossimità della stazione radiotelevisiva della Rai, lì dove a fine Ottocento i monaci benedettini installarono una postazione per il rilevamento della direzione e della velocità del vento fondando di fatto un secondo osservatorio sulla sommità. Ma allora le risorse erano scarse e la postazione durò pochi anni. L’idea è stata oggi ripresa e la stazione è gestita in collaborazione con l’Università Pathenope. La centralina installata presso l’Oasi di Pannarano, in provincia di Benevento, è invece controllata in collaborazione con il WWF del Sannio. La Comunità montana del Partenio ha affidato all’associazione MVOBSV la gestione di due centraline meteorologiche a Summonte e Ospedaletto mentre a Mercogliano, dove la centralina è situata presso il Municipio, è stata attivata una collaborazione con l’Ente Comune.
La sinergia tra la “MVOBSV – Mount Vergine Observatory” con associazioni e liberi cittadini ha dato vita anche alla nascita della rete di monitoraggio “AURA – Protegge il nostro respiro” di cui fanno parte circa trenta sensori installati in provincia di Avellino con siti di monitoraggio dell’aria che insistono principalmente nella Valle del Sabato, uno dei siti più inquinati dell’intero territorio italiano. Si tratta di misurazioni che forniscono in tempo reale un quadro sulla situazione relativa alle polveri sottili, di dati che qualsiasi cittadino può verificare gratuitamente sul sito dell’Osservatorio attraverso la pagina dedicata: «Con questa rete abbiamo cercato di sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica sulla tematica – ha precisato il ricercatore -; abbiamo adottato una politica di apertura, di condivisione dei dati. Dopo ormai qualche anno dall’avvio di questo progetto qualche risultato lo abbiamo ottenuto anche se il problema permane in tutta la sua drammaticità».
Che riflessione fare sul cambiamento climatico? I dati rilevati a Montevergine ci dicono che negli ultimi 40 anni la temperatura è aumentata di 1 grado e mezzo. «È un valore molto preoccupante per le inevitabili ripercussioni che questo riscaldamento sta avendo soprattutto nelle zone montuose, particolarmente sensibili ai mutamenti – ha sottolineato Capozzi -. È stato uno degli inverni più caldi degli ultimi decenni, anzi direi uno degli inverni più caldi in assoluto da quando abbiamo a disposizione i dati dell’Osservatorio». Scarsissime anche le precipitazioni nevose. «È chiaro che la combinazione tra temperature particolarmente alte ed assenza di neve si traduce purtroppo in conseguenze estremamente negative se si pensa alla rilevanza che ha la neve sulle falde acquifere. In generale la serie di ripercussioni sul ciclo ecologico sono molto pesanti e penalizzanti» ha aggiunto.
Alla festa dell’Osservatorio per i suoi 140 anni, accanto alle inevitabili riflessioni sulle vicissitudini legate alla sua attività e al cambiamento climatico, tante immagini suggestive concorrono a ricordare che, nonostante tutto, la provincia di Avellino offre scenari di inedita bellezza e armoniosi quadri da incorniciare come la vista all’alba con il Monte Tuoro e il Monte Terminio sullo sfondo, come le panoramiche sul Partenio, le immagini sul Santuario o gli scorci delle cittadine limitrofe, oppure ancora gli sguardi furtivi nella faggeta dell’Oasi di Pannarano o l’inquadratura verso la pianura di Napoli e Caserta, con il Vesuvio ben visibile. Sui canali dei principali social network, a cui oggi si aggiunge anche Linkedin, ogni giorno l’Osservatorio regala ai suoi follower splendide visuali scattate da molteplici prospettive. Quale migliore promozione territoriale? Diverse sono infatti le webcam installate, sia intorno all’Abbazia e in vetta – a 1480 metri di quota – sia nell’Oasi WWF nel cuore del Sannio e verso il Campo Maggiore di Mercogliano.
TANTE BELLE IMMAGINI PER I 140 ANNI. 140 CANDELINE DI UN PATRIMONIO INESTIMABILE DI STORIA, DI CULTURA, DI SCIENZA, DI BELLEZZA E SPERANZA.